Il primo documento che fa riferimento alla famosissima festa del Carnevale di Venezia è un editto del Senato della Serenissima del 1296, seppure già dal 1271 abbiamo notizia di botteghe artigiane per la produzione di maschere. Il Carnevale ha tradizioni molto antiche che rimandano ai culti ancestrali di passaggio dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le società.

Una volta all’anno è lecito non avere freni

La parola CARNEVALE deriva dal latino CARNEM LEVARE “eliminare la carne”, e fa riferimento al giorno dopo i bagordi del “martedì grasso” , in cui iniziava il periodo della Quaresima, periodo di astinenza e digiuno.

Nel Settecento il Carnevale di Venezia raggiunge il suo massimo splendore, il travestimento è l’essenza stessa della festa, maschere e costumi diventano strumenti indispensabili per realizzare il clima di questo periodo dell’anno, dedicato alla trasgressione, alla spensieratezza, alla leggerezza ed al divertimento.

Le strade, i campi, le calli, si trasformano in un grande palcoscenico in cui tutto sembra diventare possibile grazie anche alla garanzia del totale anonimato. Dal 1797, con la caduta della Repubblica di Venezia e l’occupazione francese di Napoleone prima ed Austriaca poi, i festeggiamenti per il Carnevale vengono interrotti per timore di disordini popolari o ribellioni.

Il Carnevale di Venezia torna alla ribalta delle cronache, attirando l’ammirazione e l’interesse del pubblico internazionale dal 1979, grazie all’impegno di alcune associazioni di cittadini, con la collaborazione di istituzioni prestigiose come il Teatro La Fenice e la Biennale.

Il volo dell’Angelo.

I festeggiamenti si aprono ufficialmente con il tradizionale Volo dell’Angelo in piazza San Marco. Fu un giovane funambolo turco il primo protagonista di questo evento straordinario, durante un’edizione del Carnevale verso la metà del Cinquecento. Il giovane acrobata, con il solo ausilio di un bilanciere, riuscì ad arrivare in cima al campanile di San Marco nel delirio della folla sottostante, camminando sopra una lunghissima corda che partiva da una barca ancorata sul molo della Piazzetta, finendo alla balconata del Palazzo Ducale. Qui porse omaggio al Doge. La tradizione proseguì per diverse edizioni fino al 1759 quando l’esibizione finì in tragedia con lo schianto del funambolo. Da allora il funambolo fu sostituito con una colomba di legno.

Nelle edizioni moderne il rituale si svolge a mezzogiorno nella prima domenica di festa, come uno degli eventi di apertura che decretano ufficialmente l’inizio del Carnevale stesso. La colomba è poi stata sostituita nuovamente  con un artista in carne ed ossa. Il volo del 2001 venne affidato alla Compagnia dei Folli, che prestò una propria artista per l’evento.

Oggi l’artista è assicurato a un cavo metallico ed effettua la sua discesa dalla cella campanaria del campanile scorrendo lentamente verso terra, sospeso nel vuoto, sopra la moltitudine che riempie lo spazio sottostante. 

Visto il successo del Volo dell’Angelo, dall’edizione del Carnevale 2012 è stato introdotto un nuovo evento, il Volo dell’Aquila, che si svolge la settimana successiva al Volo dell’Angelo, di cui ricalca le modalità.

Taglio della testa del toro.

Questo rito ricorda un episodio del 1162, quando Ulrico, patriarca di Aquileia, approfittando della guerra che vedeva impegnati i veneziani contro padovani e ferraresi, costituì un’armata formata da feudatari della Carinzia e del Friuli per assalire la città di Grado

Il Doge Vitale Michiel II reagì immediatamente all’oltraggio sbaragliando le forze di Ulrico, che fu catturato insieme a 12 canonici e portato prigioniero a Venezia. La Serenissima permise ad Ulrico di tornare ai suoi possedimenti solo dopo il pagamento di un ingente riscatto e, per ricordare e ridicolizzare gli aquilani, ogni anno un toro e 12 maiali dovevano essere mandati a Palazzo Ducale dove si celebrava una festa in cui gli animali, simbolo dei vinti, venivano giustiziati.

Il popolo in massa seguiva numerosissimo con applausi e grida di eccitazione il macabro rituale, che durò per secoli fino al tempo del doge Andrea Gritti (1523) il quale variò lo schema abolendo l’uccisione dei maiali e lasciando viva solo la tradizione del Taglio della testa del toro, portando a tre il numero dei tori. “Tagiar a testa al toro” divenne da allora anche un detto proverbiale veneziano: significa togliere di mezzo gli ostacoli… finire risolutamente una questione. Questo rito viene ancora oggi ricordato con maschere e carri allegorici.

Bacari e cicchetti.

Per vivere al meglio il Carnevale, oggi è possibile partecipare a uno dei numerosi balli in maschera, oppure passeggiare tra calli e campi veneziani, dove non mancano maschere e coriandoli.
Inoltre è possibile assaporare le specialità veneziane in uno dei numerosi bacari, osterie e locali tipici in cui si svolge l’aperitivo veneziano. I bacari permettono di consumare piccole porzioni di varie specialità locali, accompagnandole con spritz o con la classica ombra, termine tradizionale con cui si richiede all’oste un bicchiere di vino.

Elisa.